Duecento anni e non li dimostra!

Leggo con sorpresa e piacere che quest’anno ricorre il duecentesimo anno dalla invenzione della bicicletta. Certamente il primo vagito l’ha fatto come “Daisine”, qualcosa che della moderna bici ha forse solo le ruote ma in questi due secoli ha avuto una evoluzione e tante trasformazioni di cui solo alcune, le più diffuse, sono note a tutti.

L’incredibile è che, come si può leggere nell’articolo in calce, pare che il lampo di genio sia dovuto all’instaurarsi di condizioni ambientali fuori norma a causa di una terribile eruzione che ebbe luogo un paio di anni prima nella lontana Indonesia; esse determinarono tali e tante conseguenze che qualcuno, Herr Karl Drais, nonché barone, si lambiccò il cervello fino a partorire…..

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la “Draisina”, progenitrice delle nostre MTB e BDC. Era solo un ausilio al cammino e il mezzo si muoveva essenzialmente….a spinta. Qualcuno più tardi s’ingegnò ed inventò i pedali che consentirono al “podista” di installarsi a bordo del mezzo, il “velocipede” più o meno come questo.

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Non solo i pedali ma anche la conquista dell’equilibrio fu fondamentale per questo secondo passo. Probabilmente qualcuno, lanciatosi in discesa con la Draisina scoprì l’effetto giroscopico delle ruote e vide con piacere che si manteneva diritto senza dover fare particolari manovre. Naturalmente ci si gettò a studiare innumerevoli varianti sia della Draisina che del Velocipede e basta fare un giro sul Web per collezionare un sacco di immagini sorprendenti.

Si studiò l’uso non solo ricreativo del mezzo ma anche utilitario; si aggiunsero trailer, seggiolini, ruote laterali per poter circolare sui binari. Si crearono mezzi da poter essere impiegati in guerra e, naturalmente, furono organizzate le prime competizioni. Oggi ricordiamo tanti nomi illustri del ciclismo, italiani e non, sia atleti che industriali. Con l’avvento del motore a scoppio fu giocoforza applicarlo alla bicicletta ed inventare la motocicletta.

Passo dopo passo eccoci qui oggi a cavalcare le nostre bici da corsa (BDC)….

BDC

con cambi (altra importante innovazione) più o meno sincronizzati finché qualcuno volle provare a circolare non solo su asfalto e sterrato ma su sentieri di ogni difficoltà ed ecco nascere alla fine degli anni ’60, in California, la Mountain Bike che dilagò poi in tutto il mondo negli anni ’80.

MTB

Ed ora? Non è finita: qualcuno ha pensato di economizzare le personali risorse ed ecco inventata la e-Bike o bicicletta elettrica, anche essa in continuo progresso tecnologico, che oggi sta conquistando una buona fetta di mercato a dispetto del suo prezzo non irrisorio.

Personalmente amo sfruttare solo le mie capacità fisiche per cui resto ancorato alle bici tradizionali e ritengo la e-Bike un fatto di moda, di emulazione e un nuovo status symbol ma le riconosco il merito di far uscire persone che non lo avrebbero mai fatto prima d’ora. Però, non so perché……mi ricorda un po’ il Viagra!

Ma ecco qui l’articolo pubblicato su l’Internazionale a firma di Hector Abad Faciolince:

“È strano che la ruota sia stata inventata più di 4.500 anni fa, e che invece la bicicletta stia compiendo appena due secoli. Si festeggiano molte ricorrenze sciocche, e invece quasi nessuno ha festeggiato i duecento anni di questa macchina magica, la più economica in termini di consumo energetico e distanza percorsa, il mezzo di trasporto ideale per un pianeta febbricitante. Ma è anche normale che a nessuno per un sacco di tempo fosse venuto in mente di inventare la bicicletta, dato che ci sono poche cose più controintuitive del miracolo dell’equilibrio sulle due ruote.

Paradossalmente, la bicicletta fu inventata per contrastare gli effetti di un cambiamento climatico improvviso, ma opposto a quello che stiamo vivendo noi oggi. Nel 1815 ci fu l’eruzione più imponente di cui si abbia mai avuta notizia. Il vulcano Tambora, in Indonesia, scagliò nell’atmosfera milioni di tonnellate di polvere e cenere per diversi mesi.

La polvere sospesa in aria velò i raggi solari per anni e gli effetti peggiori si fecero sentire l’estate successiva. Nel 1816 in Europa non ci fu un’estate; in giugno nevicò e in luglio i campi gelarono. I raccolti andarono persi, sui pascoli non cresceva l’erba e alla fine dell’anno cominciò una carestia; le persone dovevano scegliere se mangiare o dare da mangiare ai cavalli. I prezzi del foraggio erano arrivati alle stelle, e migliaia di cavalli morirono di fame.

Questa strana crisi climatica ebbe delle ripercussioni sull’arte: gli straordinari colori del tramonto in Inghilterra (dovuti anche alla polvere sospesa) produssero gli incredibili paesaggi di Turner. Come racconta William Ospina in un romanzo appassionante, El año del verano que nunca llegó (L’anno dell’estate che non arrivò mai), ci furono effetti anche sulla letteratura: dato che non potevano uscire di casa per il freddo estremo, un gruppo di villeggianti sul lago di Ginevra, su suggerimento di Byron, decise di inventare dei racconti dell’orrore: lì Mary Shelley concepì Frankenstein e John Polidori Dracula.

Un effetto meno noto di quell’anno senza estate fu che la morìa dei cavalli in Germania portò a una crisi inevitabile dei trasporti a cavallo e delle diligenze. La necessità aguzza l’ingegno. Un giovane tedesco, il barone Karl Drais, immaginò e fabbricò un veicolo per rimpiazzare i cavalli: “Invece di quattro zoccoli, due ruote!”, stando a quanto ha scritto Hans-Erhard Lessing, professore di storia della tecnica ed esperto delle origini della bicicletta.

Nasceva così duecento anni fa, nel 1817, la draisina o velocipede, fabbricato in legno, che si muoveva grazie alla spinta simultanea o alternata delle due gambe. Drais brevettò la sua invenzione e cominciò a esportare i velocipedi in Francia, con così tanta fortuna (o sfortuna) che il suo marchingegno cominciò a essere imitato (e migliorato) dai carrettieri, senza nessun riguardo per i diritti d’autore. La pirateria generalizzata è il primo sintomo del fatto che certe invenzioni hanno un successo che i tribunali non riescono a frenare.

Poi avvenne qualcosa di inaspettato: chi aveva un velocipede notò che quando prendeva velocità in discesa poteva mantenere l’equilibrio senza poggiare i piedi a terra. Allora alle draisine furono applicate delle staffe che erano un preludio dei pedali. Passarono quarant’anni e fu inventato il biciclo, ovvero il velocipede a pedali, con una sola ruota motrice. Dunlop sviluppò lo pneumatico per migliorare il triciclo di suo figlio e non si sa chi inventò il meccanismo della catena applicata a due pignoni in ferro. Così, solo 130 anni fa, si arrivò alle prime biciclette moderne.

Oggi nelle città più ambientaliste e innovatrici del mondo ci si muove in bicicletta, personale o messa a disposizione dal comune con un servizio di bike-sharing. Il suo uso è promosso e protetto. Un esercizio sano per il corpo, eccellente per la mobilità e conveniente per il pianeta.”

Autore: gbal45

Aspirante blogger in attesa di capire cosa e perché scrivere

5 pensieri riguardo “Duecento anni e non li dimostra!”

  1. Poveri cavalli! Quando abitavo in città mi muovevo solo in bicicletta,ma mai nessuno é mai riuscito a farmi scendere da cavallo! E mai ci riuscirà….Ci sono vicini convinti che sia una centaura perché mi vedono sempre in groppa alle mie cavalle. Le biciclette quassù non vanno. Ogni tanto ci provano con le mountain bike ma non vanno fino qui 😃

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    1. Ah ma non avevo dubbi x quel poco che ti conosco. D’altra parte l’eruzione è finita ed i cavalli…sono tornati. Poi con le tue cavalle avrai un feeling particolare immagino. Mi incuriosisci….dove mai sei finita? Credo in paradiso ma non per le MTB 😉 Ciao!

      P.S. Stai studiando x i nuovi obiettivi?

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      1. Le mie cavalle sono nate tra le mie braccia,ho anche tagliato io il cordone ombelicale. Praticamente hanno visto prima me della mamma. Sono la loro seconda mamma 😊 Sono sempre quassù sul mio monte,tra i boschi,e sto studiando per il mio prossimo impegno come assessore comunale. Odio la politica,ma quando serve si combatte in prima linea!

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    1. Ho piacere che apprezzi questa umile compagna. Per i furti….beh dobbiamo stare solo attenti noi perché la “targa” e altri documenti per rintracciarla ci sono in Svizzera ma noi non siamo riusciti a legiferare in materia :(:(
      Ciao e comply per il tuo bel blog che visiterò a breve.

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